INTRODUZIONE

    Allorquando una voce giovanile, sia che venga dai campi, dalla via silenziosa o dall'officina, mi giunge all'orecchio elastica, intonata, quasi cosciente e lieta della propria bellezza, invade l'anima mia un sentimento strano di orgoglio felice,  come se quella voce fosse l'eco del mio interno pensiero. E' l'orgoglio di questa razza latina per cui è grave il dubbio di dover cedere ad altri il primato nell'arte che raddolcisce il cuore.

  E allora io vorrei poter seguire quella voce favorita dalla natura e condurla meco dove ancora l'itala gente ignora che cosa sia il canto gentile; e a quella voce vorrei saper infondere tanta virtù ammaliatrice sì che potesse chiamare intorno a sè altre anime anelanti alle gioie pure dei suoni che hanno sapore di arte, perché insieme  formassero inni giocondi alla terra, al sole, al lavoro,alle belle idealità della vita, e così tacesse finalmente, pel decoro d'Italia, la canzone lubrica, l'urlo sguaiato della belva umana.

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A me pare, e ciò asserendo non vorrei trovarmi in errore, che la scuola educativa abbia troppo a lungo trascurato quel naturale istinto dell'anima umana che le fa provare il bisogno di rivelarsi, cercando a tal fine i mezzi che più consentono alla propria natura. Uno stesso motivo di interna letizia, ripercuotendosi sull'animo di più individui con intensità approssimativa, può assumere in ciascuno di essi una fisionomia diversa. V'ha chi trova piacevole esprimerti con parola calda l'interna commozione, chi ama rivelarsi colla voce cantata, chi non si può sottrarre alla tentazione di scrivere o di poetare, v'ha chi grida e si esalta, chi sorride e piange, chi si raccoglie in se stesso e tace.

La forma rivelatrice di un sentimento dovrebbe essere  studio di certa importanza; si compenetrano in esso lo stato fisico dell'individuo,con speciale riguardo al sistema nervoso, il grado dell'intelligenza, specie delle facoltà immaginative, le tendenze d'ordine estetico e morale e finalmente il grado della sua educazione.

Quel rapporto costante che si riscontra tra la forza muscolare di un individuo e lo stato della sua salute, è possibile riscontrare altresì tra la forma de' suoi sentimenti, il suo sistema nervoso e lo stato evolutivo del suo capitale psichico.

 Facciamo che quello stesso motivo di gioia accennato poc'anzi venga a commuovere l'animo di due individui sani, ambedue dotati d'intelligenza vivace; ma diametralmente opposti per l'educazione estetica; voi vedrete l'uno festeggiare civilmente la propria soddisfazione, mentre quell'altro non saprebbe godere se non buttandosi scompostamente alla pazza gioia. Ci ha merito il primo o demerito il secondo? Nessuno dei due. Quello , mediante l'aiuto dell'educazione, ha potuto scoprire in sè delle forze latenti colle quali potrà esplicare in modo vario e civile, pensieri, affetti, aspirazioni, dolori e gioie; questi non educato, non incivilito, porta con sè il proprio istinto rude esplicazione del quale è sovente l'esplosione disordinata, scorretta, spesso volgare e brutale. Tra i vari mezzi di cui l'uomo si serve per mettere in comunicazione l'interno sentimento colla vita esteriore, dopo la parola il più comune, il più efficace. è il canto.

Canta il selvaggio, quando innalza il cuore alla divinità, canta la madre cullando il suo bambino, cantano l'operaio nell'officina e il contadino nei campi, inneggiando al lavoro , alla fratellanza, alla libertà, agli affetti loro; canterella il vecchio se ritorna il sole, canta il fanciullo, canta chi ama e chi spera....

 Se all'umanità si proibisse di cantare, per la prima volta l'uomo si accorgerebbe che il canto nella vita umana è un bisogno. Orbene, se il canto è una manifestazione voluta dallo spirito, perché non entra a far parte dell'educazione di esso? E' esatto dire che l'uomo canta per proprio impulso? Quante azioni non compie il fanciullo spinto dalle proprie attitudini naturali! Egli disegna, lavora, inventa meccanismi.... suona.....; perché la scuola non si contenta di quell'esercizio libero per trarne un disegnatore, un lavoratore, un musicista? Tanto meglio se l'uomo canta per impulso di natura; vuol dire che l'opera dell'educazione si limiterà a coltivare in lui un'attitudine nata da sè.

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"Tutto il mondo canta!" Oh, l'ingenua espressione di chi si contenta del troppo poco! E' povertà di linguaggio o povertà di gusto estetico che suole concedere un significato così largo alla parola canto ? - Canta il gallo, canta la cicala, canta il grillo del focolare, canta la foca, canta l'ubbriaco.... Questa riprovevole mancanza di concetto del canto, è colpa, anzitutto, della scuola, la quale non provvede a che il popolo ne riceva chiara l'intuizione. Ma perché lasciargli credere che sia canto il boato dell'ebbro, la voce stridula della femminetta volgare, il grido assordante di un coro di adolescenti ineducati alla grazia delle cose belle? E' così civile incatenare il sentimento popolare alle discipline che sono apportatrici di gentilezza e di godimento spirituale! Quando la scuola sarà in grado d' impartire al popolo un serio e dilettevole insegnamento musicale, quando la voce educata dei cori giovanili si alzerà sicura nella sua decorosa bellezza, si potrà sperare che il bel canto entri , fattore di civiltà,nell'anima popolare, e l'anima umana esali, per mezzo suo, il profumo dei suoi sentimenti più cari. In attesa di questa scuola completa, che gli attuali ordinamenti  scolastici fanno sperare ma molto lontana, ci sia permesso di esporre alcune idee sul canto corale in genere, e specialmente sull'abbiccì dell'educazione vocale. Ogni libercolo che vede la luce del sole si prefigge uno scopo. Questo, benché abbia l'audacia di mirare a molteplici risultati, si contenterebbe di essere letto e preso in esame da que' pochi che credono fortemente nell'importanza dell'educazione popolare e perciò di ogni disciplina che la riguarda amano studiare attentamente il principio educativo e la finalità sociale, Gli è dunque, se non iscopo raggiungibile, premura di far intendere che:

I) Il canto , sia scolastico che popolare, come ora si esercita e si gusta , non è altro che fattore di volgarità.

II) Il canto insegnato con criteri educativi , è grande fattore di civiltà.

III) Il canto educativo e la musica dovrebbero essere parte integrale nell'educazione del popolo.

IV) La scuola deve fare in modo che il rispetto al canto gentile e l'uso di esso entrino come convinzione nell'animo dell'alunno.

V) Questo rispetto e questa convinzione devono assolutamente piantare i primi germi nell'anima infantile, con mezzi semplici e piacevoli.

 

   E' fatto indiscutibile che un'abitudine contratta nell'infanzia difficilmente si perde: si potrebbe aggiungere che non la si perde affatto se col sopravvenire degli anni essa viene diligentemente ribadita da chi ha interesse a farla rimanere. Se però  noi abbandonassimo il fanciullo a se stesso dopo avergli, ad esempio, fatto apprendere l'alfabeto, quanto potrebbe durare in lui il desiderio di continuare nella lettura? Questo difetto di mancata continuità delle abitudini è un fatto, bisogna dirlo, che si riscontra sovente in tutto il periodo dell'educazione della gioventù, e specialmente nel passaggio dall'educazione infantile allo svolgimento del programma elementare.

 Veramente non si sa spiegare come la mente dell'uomo possa concepire che il bambino licenziato dalla casa educativa dove le sue facoltà vennero lievemente solcate da abitudini che dovranno renderlo buono e civile, debba conservarsi tale non ostante che raramente nella scuola di poi si penserà a ricordargli le abitudini contratte e a impedire che qualcuna se ne vada. Oh il falso, deplorevole concetto che l'alfabeto basti a incivilire l'uomo e le nazioni! 

 Per questo motivo anche il canto gentile, che nel periodo infantile si sarà appreso per via di piccole abitudini, le quali sommate insieme, danno la grazia del portamento, il colore della voce, l'emissione corretta e misurata della parola e della frase, per lungo tempo ancora dovrà contentarsi di nascere e finire nel Giardino d'Infanzia, aspettando che programmi meno coercitivi concedano al fanciullo d'insaccare minor numero di nozioni e di moversi un po' di più.

 Forse fu la lunga, forzata costrizione delle membra fra i banchi della scuola che all'apparire del canto fra i programmi governativi fece credere che non ad altro questo dovesse mirare se non a correggere quella che , in termini più precisi, si potrebbe chiamare- tortura educativa-.

  Difatto, quale altra interpretazione si poteva dare alla nuova lenitrice disciplina! Come si può biasimare , dopo quanto si è detto a rampogna dei nostri sistemi, se invece di un canto intonato, calmo nell'intensità e nel ritmo, gentile nell'espressione, usciva ed esce tuttavia dalla gola dei nostri ragazzi un'accozzaglia di voci sgradite che dicono chiaro il bisogno di sfogare l'interno affanno?

 

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 Vi sono Nazioni nordiche le quali, pur non avendo, come la nostra, la prerogativa di chiamarsi "terra del canto" hanno riconosciuto da tempo l'utilità di dare impulso allo studio musicale, innestandolo nel programma scolastico fino dalle prime classi elementari.

 E' vergogna per l'Italia lasciarsi insegnare che la coltura musicale trasforma l'animo dell'individuo infondendogli sensi di mitezza e genialità! E' vergogna lasciasrsi insegnare che il soave canto della scuola prepara l'alunno a fondersi nelle encomiate società corali, frutto di popoli evoluti, per cui il canto è simbolo di fratellanza nei comuni ideali del pensiero civile.

 Ed è vergogna che proprio qui, dove al classico verso dei nostri invidiati poeti dovrebbe disposarsi ed essere vanto del popolo italiano la maestosa e insieme gioconda frase della nostr'arte musicale, non si senta la necessità, il dovere anzi, di contrapporre un argine alla fiumana di lordure poetiche e musicali che, a dispetto della scuola e de' suoi .educatori, insozzano l'anima dei nostri giovanetti e del nostro popolo.   torna su

 

Alle Educatrici dell'Infanzia

   Ciascun a per proprio conto e poche per il vantaggio di tutte, noi ci studiamo incessantemente di segnare nel nostro lavoro dei punti di partenza da cui iniziare il cammino per questo o quel dato fine educativo. Così appunto ho creduto di fare io compilando questo abbiccì; stabilire, cioè, alcuni principi affinché l'educatrice possa avere una traccia nell'educare la voce infantile. Non ho  la pretesa di presentare un metodo immune da difetti. Tutt'altro! Stando con i bambini non si finisce mai di imparate: ciò che ieri ci sembrava perfetto mezzo educativo, domani incontrerà la nostra stessa disapprovazione, per il motivo che se il caso di cui ieri ci occupammo, oggi si è ripetuto, è però accompagnato da qualche nuova circostanza, lievi, sia pure, ma sufficiente ad alterare il piano della nostra tattica educatrice. 

   Dopo alcune considerazioni d'ordine generico, indispensabili a chi imprende a conoscere od applicare qualsiasi ramo dell'educazione, ho raccolto quei pochi esercizi pratici che nel giardino  infantile mi furono mezzo efficace nel conquistarmi, nonché la voce, l'entusiasmo e l'anima dei bimbi alle pure gioie del canto.

   Mi affretto a dire che non si dovranno insegnare tutti, perché non già dalla quantità, bensì dall'opportuna scelta e dal modo di presentarli essi acquisteranno valore o meno. Nessuna fretta nell'insegnamento del canto ai bambini, anzi, poca carne al fuoco, quando è poco il combustibile; se avverrà che il fuoco si spenga, a torto ci lagneremo della carne cruda.  Nell'applicare codesti esercizi, si abbia la prudenza e l'arte di chi insegna con acume l'alfabeto.

  Tutti sanno che dopo la produzione delle vocali, presentate in ordine di difficoltà grafica, l'insegnante fa conoscere quella consonante che più gli torna opportuna.

  Dalla penna del fanciullo uscirà da prima una lettera informe, qua, troppo secca e angolosa, là,obesa o in altra guisa sgraziata. Però, via, via che l'esercizio si ripete, l'occhio e la mano vanno sensibilmente acquistando l'abitudine ad allargare o a restringere opportunamente e , per mezzo loro, anche la penna pare che rammendi il dover suo ogni qualvolta incontra un filetto o una curva.

  Così avverrà del contenuto pratico di questa piccola guida. Gli esercizi preparatori equivarranno alle vocali; tutti gli altri saranno esercizi da prendersi a scelta, senza però dimenticare in questa impresa l'aforisma: "da noto all'ignoto".

  Le poche norme si potranno paragonare agli accessori che accompagnano ogni lettera, i quali, come avviene, sono bensì gli ultimi a ritenersi, ma una volta digeriti mediante la costanza dell'alunno e la utile longanimità dell'educatrice,passano poi allo stato di abitudine. Non si perda d'animo l'educatrice alle prime prove se avviene che le trovi gravose e il risultato ìmpari alla fatica! E' necessario ricordarsi spesso che il Bambino è quel  grazioso ignorante che si persuade più con l'azione che colla parola. Questa o lo diverte o lo annoia, il fatto attrae sempre e trova un'eco nelle sue facoltà imitative. 

  Se insegnando il canto voi potete avere a vostra disposizione un pianoforte, un harmonium, un violino, un guidavoce...uno strumento, insomma, ottimamente accordato, sta bene, quello vi aiuterà ed io ve lo desidero di tutto cuore, perché un metodo di canto razionale richiede in chi lo usa, oltre che la conoscenza della musica, l'uso pratico delle tonalità. (..e a questo scopo bene provvederebbe l'odierno programma della scuola normale se il tempo per isvolgerlo non fosse irrisorio.). Ma se oltre uno strumento avete voi stesse una voce soave e intonata e se colla voce mite e sicura, vi è dote dell'animo la passione per la musica, oh, siate certe che i bimbi copieranno tutto da voi. Gli è perciò che io non finirò mai di ripetere : " guardiamoci dai difetti!".

   Il timbro sgarbato della voce, l'incertezza dell'orecchio nell'intonare i suoni e nel ritenerne il ritmo, sono caratteristiche che denotano mancanza di attitudine in chi si accinge a educare l'altrui voce.  In questi casi, rinunciare all'impresa è dovere.torna su