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I Corali Schübler

  Da:  John Bertalot, "Spirituality and Symbolism in the Music of J.S. Bach", in: Organists’ Review, Novembre 2000. 

   Nel 1973 il Prof. Randolph Currie scrisse due affascinanti articoli nel Quarterly Journal of the Riemenschneider Bach Institute sui sei Corali BWV 645-50, generalmente conosciuti come i Corali Schübler dal nome del loro incisore ed editore.     

   Currie si chiede perché Bach, avendo a disposizione molte altre proprie opere adattabili all’organo, abbia scelto proprio queste composizioni, prevalentemente tratte dalle sue cantate.[1]

  David Humphreys, nell’Oxford Composer Companion (OCC) rileva come, "essendosi Bach affidato agli onerosi servizi di un maestro incisore, questi corali rappresentassero per lui tutt’altro che una composizione minore". Perché questa raccolta era così importante per lui?

    Currie analizza il testo di ciascun corale, giungendo alla conclusione che essi definiscano le sei tappe principali della vita cristiana:

 

  1. Cristo è alla ricerca dei peccatori, dei "dormienti"; Svegliatevi, una voce ci chiama.

  2. La reazione iniziale del peccatore a confronto con Dio è di fuggire e nascondersi (come Adamo dopo il peccato originale); Ah, dove devo scappare?

  3. Ma l’amore incondizionato di Dio porta il peccatore verso la riconciliazione; Chi solo dal buon Dio si fa guidare.

  4. Questa riconciliazione conduce alla gioia; Magnificat: Il mio spirito esulta in Dio mio salvatore.

  5. La gioia iniziale muta in quotidiana fedeltà al Padre; Rimani con noi, Signore Gesù Cristo.

  6. I cristiani attendono la seconda venuta del Salvatore. Vieni Gesù, dal cielo sulla terra.

 

Già questo potrebbe giustificare la scelta di Bach per questi corali.

NB. Bach cambiò il titolo dell’ultimo corale da Lobe den Herrn a Kommst du nun [2], esattamente come egli, alla fine della sua vita, cambiò il Wenn wir in Höchsten Nöten sein in Vor deinen Thron… […]

Tuttavia Currie non si ferma in superficie e scopre un’interessante struttura interna, apprezzabile più facilmente disponendo i corali in circolo:

                                                     

Egli nota come i corali siano legati da strette relazioni tonali: tre tonalità maggiori e tre minori, con le tonalità maggiori separate dall’intervallo di terza maggiore, e le tonalità minori separate da un tono.

 

 

Le coppie di corali sono rispettivamente separate da uno, due e tre semitoni.

 

 

I corali sono inoltre ordinati in coppie di tre e quattro voci.

 

 

Il Cantus firmus appare due volte nella mano sinistra, due nella mano destra e due al pedale (NB. nella versione originale il CF del sesto corale era alla mano sinistra).

 

 

      Currie evidenzia quanto appropriata fosse la posizione del Cantus firmus al pedale nel secondo e terzo corale. Il secondo tratta della fuga lontano da Dio, ed il terzo (la conversione) descrive il ritorno al Padre, come nella parabola del Figliol Prodigo. Nel quarto corale era appropriato avere il CF alla mano destra, tradizionalmente la "mano forte" (Poiché egli ha mostrato la sua forza!).

Dopodiché Currie prosegue esplorando i particolari numerologici.

Sul frontespizio, l’intero titolo dell’opera è scritto su 14 righe (BACH), tredici per il testo e una per la linea retta di decorazione, e ci sono 41 (JSBACH) parole nell’intera pagina. L’opera è redatta su 14 pagine con tre di musica per pagina. Il lettore potrebbe obiettare che questo comporterebbe un totale di 42, invece no, nell’ultima pagina ci sono soltanto due righe!

Egli inoltre nota che il numero di battute di ciascun corale è rispettivamente 54, 33, 34, 35, 46 e 54 (compreso il ritornello riportato in originale nell’ultimo corale). Quindi un’altra struttura simmetrica, iniziando e concludendo con 54, e ponendo tre cifre consecutive tra il secondo ed il quarto corale.[3]

Il lettore sarà al corrente del fatto che, nelle opere il Bach, fattori quali numero di battute, posizione del Cantus firmus o dell’eventuale canone siano talvolta tutt’altro che casuali. Per esempio, le Goldberg presentano ogni tre variazioni un movimento in canone – all’unisono, alla seconda, alla terza ecc.

(per scoprire altri tesori nascosti nelle Goldberg ed in altri pezzi di Bach, tra cui gli affascinanti 14 (sic) canoni basati sul basso iniziale delle Goldberg, cfr. il bel sito di Timothy A Smith http://jan.ucc.nau.edu/~tas3/bachindex.html, che comprende altri links sull’argomento.)

Il mottetto Jesu, meine Freude, in 11 movimenti, è scritto in forma circolare. Il primo e l’ultimo movimento constano di musica simile. Così anche il secondo ed il decimo, il terzo ed il nono, ecc. con una fuga come movimento centrale. E nonostante ciascuno di questi movimenti sia di diversa durata, Bach ordina il tutto in modo che la fuga arrivi matematicamente quasi a metà strada, con 208 battute prima della fuga e 209 dopo! Allo stesso modo, il primo movimento di Fürchte dich nicht è in forma di preludio e fuga, per una lunghezza di 154 (sic) battute (154=14x11), dove la fuga inizia esattamente a metà (batt.77). Bach fa lo stesso in Singet dem Herrn.

Ma la scoperta più sorprendente di Currie arriva al centro della raccolta Schübler. Il totale delle battute che compongono i sei corali è 256=2(alla settima)+2(alla settima). Esattamente a cavallo delle due battute centrali (128-129), Currie nota quattro note che sicuramente indicano come Bach identificasse sé stesso nel messaggio cristiano di questi corali:

Se questo fosse casuale, Bach non avrebbe utilizzato le lettere del suo nome in altri contesti significativi, come l’ultimo contrappunto (il n.14!) dell’Arte della Fuga, gran parte della quale fu composta poco tempo dopo le Goldberg e il Clavicembalo ben temperato parte II, ca. 1741-42.

Marpurg, un’allievo di Bach, nella sua prefazione all’edizione 1752 dell’Arte della Fuga scrive: "In quest’opera sono contenute le più segrete bellezze dell’arte musicale". […]

note

[1] Michael Radulescu porta un argomento convincente, volto a dimostrare come in realtà tutti i corali siano trascrizioni da arie di cantata: la parte della mano destra del numero 2, Wo soll ich fliehen hin (di cui non si conosce alcun originale strumentale), si muove nell’ambito dell’estensione di violini e viole all’unisono, esattamente come il  Wachet auf. È sua opinione che in questo caso si tratti di una cantata perduta. 

[2] È in realtà la seconda strofa dello stesso corale.

[3] Non mancherebbe che chiarire la presenza del 46: a nostro avviso potrebbe costituire una successiva escalazione del numero precedente, 35 (=3+1, 5+1).

 

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